IL MARKETING DELLA LENTEZZA Valentina Bruzzese Giugno 6, 2022

IL MARKETING DELLA LENTEZZA

Marketing Lentezza

NOTA INTRODUTTIVA:

Se ti piaceranno le parole che leggerai in questo articolo potrai anche ascoltarle, o farle ascoltare a chi non può leggerle, accedendo alla versione AUDIO.

Questo mese potrai anche accedere alla versione AUDIO&VIDEO. Trovi i link al fondo dell’articolo.

 

Il tempo non basta mai

Chi ha tempo non aspetti tempo.

Il tempo è denaro.

 

Il tempo che scorre veloce e inesorabile, ogni sua goccia va spremuta, nulla del suo succo deve andare sprecato.

Ma il tempo è sempre trascorso così velocemente?

Prima della rivoluzione industriale, prima del “produci-vendi-pubblica-fai profitto” il tempo scorreva diversamente?

Forse il tempo è sempre lo stesso, forse è il modo in cui l’uomo ha iniziato a concepirlo ad essere cambiato.

L’uomo ha creato la società della velocità, della comunicazione istantanea, del feedback immediato, della staffetta senza traguardo.

La velocità futuristica che non tiene conto dell’usura dell’automobile.

Ma cosa accadrebbe se l’automobile, di punto in bianco, tirasse il freno a mano.

Forse l’inquietudine e l’irritabilità che muovono le azioni svanirebbero.

Forse l’ansia e la frustrazione che muovono i pensieri si sgonfierebbero.

Ma come si fa a rallentare in un mondo che pretende i 200 km orari al secondo?

 

La risposta non è tecnologica, non è un’App che misura la lentezza, non è un PDF non modificabile e strabordante di istruzioni.

La risposta è umana, è biologica, è naturale.

 

La risposta è nel movimento lento.

Nei gesti quotidiani prodotti con cura e delicatezza, come fossero una danza sacra, gesti a cui viene restituita grazia e attenzione, come fossero creati al rallenty.

 

La risposta è nell’ozio.

L’ozio che non è per nulla parente della noia. Perché la noia è sorella della frustrazione e dell’insoddisfazione, mentre l’ozio è fratello della pace, della calma, della percezione dolce e attenta del mondo macroscopico e microscopico che ci circonda.

 

La risposta è nell’immobilismo produttivo.

Quella forma di stasi in cui la mente si riposa da email e notifiche e recepisce solo gli stimoli offerti dal silenzio, dal canto degli uccelli, dal fruscio delle fronde, dal concerto leggero dei grilli.

 

La risposta è nella percezione del mondo attraverso il corpo.

L’erba fresca sotto i palmi delle mani, la terra secca che si sbriciola tra le dita, il calore del sole che illumina ogni cellula, la brezza leggera che accarezza le guance, le gocce di pioggia che rinfrescano le braccia.

 

La risposta è ricordare.

Ricordare chi siamo, cosa siamo.

Esseri umani, parte del meccanismo biologico del pianeta, estensione della natura.

E ricaricare le nostre fisiologiche batterie interiori, per tornare nel mondo tecnologico, burocratico e veloce più forti, pieni di nuove idee, di soluzioni affiorate nella quiete, e consapevoli di dover sempre trovare equilibrio tra fare e stare, tra agire e semplicemente essere.

 

Con le parole della scrittrice messicana Vivian Abenshushan:

“ Non sarebbe il caso che qualcuno si occupasse di inventare una nuova macchina, la Macchina della Lentezza, un marchingegno improbabile, in grado di rallentare il tempo e di recuperare le ore di ozio, le camminate morose senza fissa meta, le letture prolungate in posizione orizzontale?

Una macchina dalle dimensioni umane che ci liberi dalla schiavitù delle macchine e ci restituisca la capacità di riflettere su noi stessi.

Dovrebbe essere un marchingegno lento, persino goffo, una specie di bicicletta o di pesante mulino che riesca finalmente a domare la velocità.

Una volta azionata, la città adotterebbe un nuovo ritmo, senza farsi sopraffare dalla fretta e dall’affanno. Grazie al suo influsso liberatore, una tazza di tè durerebbe mezz’ora e la gente imparerebbe ad assaporare il vino con sorsi lenti, interrotti solo da ingegnose frasi per fare conversazione.

I fast food sarebbero sempre vuoti e la gente si sdraierebbe o si lascerebbe cadere dentro amache profondissime.

Gli amici imparerebbero l’arte del trascorrere un pomeriggio intero al bar e ogni lunedì si svolgerebbe la Corsa del Ciclista più Lento, una gara in cui l’unica finalità sarebbe arrivare ultimi, come nell’aforisma di Wittegenstein (“Nella corsa della filosofia vince chi sa correre più lentamente”).

Concentrati su dettagli del percorso di cui non si erano mai accorti, i ciclisti filosofici dovrebbero compiere un’originale prodezza: salire sul podio dell’immobilità.

Nessuno si affaticherebbe né supererebbe gli avversari, per questi atleti della lentezza la vera vittoria consisterebbe nel non oltrepassare il traguardo.”

 

Con lentezza, grazia e armonia,

sfida la gravità e oscilla come un pendolo fatto di cuore e mente.

 

Valentina

 

Per ascoltare la versione audio dell’articolo clicca QUI.

 

Per ascoltare la versione audio & video clicca QUI.

 

 

Valentina Bruzzese

Ambasciatrice di Idee

www.germogliluminosi.it

 

 

Fonte citazione:

– Vivian Abenshushan – “Fate Fuori il Vostro Capo: Licenziatevi!” – Edito da Ass. Cult. Eris